Buone feste ed arrivederci a presto!

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Il chietiemmortament, ovvero il Mannaggiament dei "morti"...

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Un  venerdì qualunque di un "normale giorno di recessione" nel "sesto paese" per Pil (evidentemente  un Pil incarnito) del mondo.


Buk: Buongiorno Sig.ra T
Sig.ra T: Ahhh.... Buongiorno Bukaniere, stiamo chiudendo, jà, faccimm ambress'!

Avevo appuntamento con la Sig.ra T ed ero puntualissimo, ma ormai conosco la Sig.ra T, non ti fà mai fare il tuo lavoro con calma, perchè ha sempre altro di "più importante" da fare, ma ormai c'ho fatto il callo e non mi sono scomposto.
Sig.ra T: Allò, avevate detto che c'avevate Snoopy?
Buk: Sì, ecco qua (e tiro fuori dalla postina, una paio di campioni della nuova linea scolastica con Snoopy. Glieli passo ed intanto apro il catalogo per mostrarle il resto della collezione).
Sig.ra T: Ah, e chest'è??? Tutto qua?
- E nel frattempo continua a sfogliare il catalogo con le altri linee.
Sig.ra T: Ah, Chest' è muort, chest'è muort e chest'ato pure è muorto! Ma avete tutti morti dentro a questo catalogo? (in gergo tecnico, si definisce "morto" un prodotto che non tira più). 
E mi ha restituito il catalogo.

Avendo liquidato in 30" un'azienda per la quale mi ha fatto aspettare una settimana per l'appuntamento, le ho risposto:
"Signò, e quelle erano le linee per Allouìn"
Lei mi guarda con gli occhi a "?" e mi dice: 
Sig.ra T "Ma comm? Allouìn? E je nun aggio visto i simboli e Allouìn? Arò stevn' e zucche???"


Signò - faccio io - come dove stavano? L'avete detto voi che erano tutte le "linee coi morti" e quello Alluìn è la festa dei morti...


Sig.ra T Ahhhh, avete fatto a' battuta?


Eh Signò, stavo pazziann'.
Mi ha guardato un pò di sbieco ma poi mi ha chiesto "e pò?"



E siamo passati oltre. Per fortuna, almeno i biglietti d'auguri di un'altra azienda, erano ancora privi dei "morti" di chi gl'è morto...

 

Gioventù bruciata (e adulti da bruciare)...

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Cartoleria della Napoli "benissimo" gestita da due bravissime e capaci donne in un pomeriggio qualunque della settimana.
Sto mostrando uno dei miei cataloghi e sono interrotto spesso da ragazzine, perlopiù accompagnate dalla madre o dal padre, che entrano per comprare articoli da decoupage.
Alla terza interruzione chiedo chiarimenti alla titolare del negozio, incuriosito dal fatto che delle giovanissime, anzichè lo zainetto di High School Musical o qualche altra "amenità", cercassero articoli più indicati per donne di un'età più adulta.

Acquistano gli articoli per il progetto natalizio di una vicina scuola media. Un "lavoretto" che viene a costare almeno 30 euro a ragazzino/a. - mi fà la titolare del negozio.


Ma non è troppo presto per il "lavoretto di Natale"? Chiedo io

"No, queste sono solo le prove, il lavoretto lo faranno più in là e poi faranno un'asta di beneficienza alla quale - si presume - i genitori vorranno ricomprare i le "opere" dei propri pargoli - promessa del futuro de noantri - ad un prezzo maggiorato. 
Totale? Una barca di soldi, fatti spendere da delle professoresse che evidentemente sanno che i genitori sono "gatte da pelare" e li pelano a dovere.

In quella entra una madre tutta vestita firmata da capo a piedi, come la panchina di una stazione e con figlia tredicenne, non da meno, al seguito.
La madre ci presenta la figlia come se, invece che in cartoleria, si trovasse sul "red carpet" di Cannes e la figlia richiede:

"Allora! Praticamente... Uhm, la professoressa eh... Ci ha chiesto di comprare un cosoooo.... Ma una forma che ha... tipo con un cuore... E' un coso tipo quadrato e c'ha una forma particolare..."

Che forma? Le chiede la titolare del negozio.

"Una formaaaaa, che uno ci fa le cose coi cosiii... Insomma è fatta a forma di cosoooo..."

Ma sai dirmi almeno il nome della professoressa?

"Boh! E chi se la ricorda"! Risatina di gusto e sguardo d'intesa tra mamma e figlia.

Sguardo di "pacienza" invece, tra me e la titolare.

Ma è la Sig.ra X? La Sig.ra Y? La Z?

No, è che boh... C'ha gli occhi storti...

Ah - la titolare afferra al volo - è la Professoressa Z allora.

"Si chiama Z?" - fà la giovane promessa di Villa Certosina - "Boh! C'ha gli occhi storti però..."

La madre interviene - "Ah, allora è vero che ha gli occhi storti?" Come se avesse saputo che la Prof. non è poi degna della sua bellissima ed intelligentissima erede.

"Ma allora, torniamo a noi..." - fà la titolare del negozio - "che cosa ti serviva?"

Interrompo quello "sperpetuo" dicendo:

"Partiamo da questo: a che ti serve questo 'coso' ?"

E lei:

"Ehmm.... Uhm... Come posso spiegare, serve, perchè è una forma di coso, quadrato, ma anche non, che uno lo usa per farci dei cosi..."

La collega, contitolare del negozio, prima che noi si metta le mani al collo della fanciulla e le si fracassi il capino vuoto ma fresco di parrucchiere sul bancone, si porta via madre e figlia e le conduce nella saletta dove sono esposti gli oggetti per decoupage.

La titolare del negozio mi fà:
"Marò Francè, se fosse figlia mia... " e con le mani fà il gesto di tirarle il collo "ma che te ne fai di un essere così inutile?"


Convengo con lei che anch'io nutrivo la stessa pulsione omicida e le dico: "guarda, sarà una frase fatta, ma il frutto cade sempre vicino all'albero".


Dopo un minuto arriva una mamma con due bambini piangenti: anzi, una piangeva perchè voleva chissà cosa, l'altro strepitava.


La titolare: 


"Erode, dove sei!"

La madre: "Eh eh eh! Marò.... C'ha proprio ragione"


Io: "lo dovrebbero fare santo qell'uomo!"


Risata di massa.

Mamma ro'cartolaio!!!

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Per lavoro, mi capita prevalentemente di frequentare cartolerie e librerie.
Dopo un paio di anni di esperienza, dopo un inizio part-time ed ora, con una frequentazione più assidua, comincio ad identificare delle "tipologie" di clienti, alcune delle quali, più problematiche da trattare rispetto ad altre.

Il particolare ed inscindibile binomio di cui vi parlo oggi, è questo : madre iperanziana e *cazzimmosa (*cattiva, che non si fà passare una mosca per il naso) e figlio allocco. 
Più il figlio è grande di età, e più allocco è. E più allocco è il figlio, più vorrebbe comprare, ma avendo paura dell'ira funesta della madre - invece di mano molto "tirata" ed arcigna - si trattiene al punto da fare ordini risibili e sempre, quasi costantemente, delle figuracce impensabili per pochi, miserabili spiccioli.


Fu così il caso della madre di un cliente, che mi chiamò incazzata come una jena affamata, perchè non le avevo ben specificato che la consegna della merce, prevedeva anche il pagamento delle spese di trasporto (per la cifra di ben 3 euro!!!) ed in tal modo avevo "offeso e tradito" la fiducia in me riposta, dal pargolo trent'enne.
Ovviamente, dopo aver capito di cosa si trattava - riuscirono a farmi ben 4 telefonate mentre ero in autostrada, intento a non perdermi nei dintorni del Beneventano e mentre ero da un altro cliente - e che il problema non nasceva da un mio errore, ma dalla loro avarizia ed incompetenza, li "pregai" vivamente di non farsi più vivi.


Oggi invece è stato il turno della madre di un noto libraio napoletano.
Il figlio - ovviamente - non si è fatto trovare all'appuntamento, mi ha lasciato il pagamento di un sospeso, e la "bella sorpresa" di trovare l'anziana e arcigna madre, che pretendeva di fare un altro reso.


Quando le ho spiegato che la merce della cartoleria, a differenza dei libri che sono in conto vendita, non prevede diritto di resa, si è inalberata ed ha tuonato contro le aziende, le cartolerie come concorrenti, la cartoleria come specie merceologica, i santi, gli arcangeli, i serafini ed i cherubini!
Le ho detto col ghigno di Humphrey Bogart 
"E' il rischio di impresa bellezza (bellezza mò...) e tu non puoi farci niente!" (vabbè, le avrei detto così se fossi stato Bogart e se si fosse trattato di stampa... Ma più o meno il senso era quello.)



E me ne sono andato, trascinandomi il mio trolley-camper ed esclamando tra me e me "Mamma ro' cartolaio!!!"


L'autunno che non c'è più.

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Non c'è più l'autunno della mia infanzia.
Ricordo, il muro dell'aula dipinto come se fosse stato un prato, con le applicazioni cambiate per ogni stagione. Ad ottobre, quando ricominciava la scuola, c'erano i ricci con le castagne, le foglie dorate cadute, gli alberi spogli.
Dalla finestra, un raggio di sole anch'esso dorato e tiepido illuminava ancora l'aula, ma senza abbagliarci.
Sui banchi, pastelli, pennarelli, la penna, la matita, la righetta, in ordine nei portapastelli colorati. Quaderni appena appena iniziati, con su le strisce dei fumetti, il sussidiario aperto alle prime pagine, la maestra che ci spiegava la lezione.

All'uscita, i miei genitori che mi venivano a prendere insieme quando facevo il turno di pomeriggio. Per la strada, i profumi delle castagne arrosto, delle primizie: arancie e mandarini, il buio che arrivava prima, le luci dei negozi, la gente indaffarata. Quando soffiava il vento, arrivava persino l'odore della campagna, quella campagna così vicina, ma ormai un ricordo perso nell'oblio del tempo, soffocata dal cemento abusivo colato ovunque ci fosse un metro quadro libero.
Amavo l'autunno.
Adesso che l'autunno non c'è più, adesso che si passa dal caldo estivo, con l'afa che ancora oggi, in pieno ottobre, ci opprime, direttamente agli strani inverni, con passaggi sempre più bruschi, l'autunno mi soffoca.
Mi soffoca la mancanza di luce, il giorno che si accorcia sempre di più. Non sopporto più il pensare al ciclo che si chiude nuovamente nell'inverno. Come se le stagioni fossero occasioni perse, che passano via senza che io sia riuscito a fare nulla.
Del resto si usa dire, quando una persona conta i propri anni "ho raggiunto le 'tot' primavere", mai "i tot autunni" o "inverni"...


Vabbè, questo post sulle "mezze stagioni che non ci sono più", vale meno di zero, meno di una foglia secca caduta in agosto anzichè in ottobre, perchè anche lei confusa come me dal tempo che cambia e che passa, inesorabile.

Oh, vabbè, le "paturnie" vanno messe nero su bianco, in modo da farle fuoriuscire e da liberarsene.


Tra qualche ora mi aspetta un impegno di lavoro e devo indossare il sorriso delle grandi occasioni.


Buon weekend.




I miei pazzi...

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Ridente località turistica del napoletano, una delle poche ancora amata da Inglesi e Tedeschi al punto, da farti sentire tu uno straniero in mezzo a loro.

Piazza principale, bel negozietto di "tutt'unpò", tra l'edicola, la cartoleria, la libreria, il negozio scuola, di gadget ed i giocattoli.

Mi affaccio all'ingresso e vedo la proprietaria intenta a metter ordine.
La saluto e lei mi risponde molto cordialmente:  

"Uè ciaaaaao!!! Stavo pensando proprio a te l'altro giorno, mi sono domandata 'ma com'è che non si fà più vivo'?"

Penso: calda accoglienza, ordine fatto... Su 4 aziende da proporre... Qualcosa ci esce.

Ritorno con i miei quindici trolley di cataloghi e campioni e lei mi fà con tono meno cordiale di prima: "ma sei stato tu a vendermi questi calendari? Ce l'ho tutti sullo stomaco!" (io ne ho di simili in catalogo, ma di altra azienda che tra l'altro ho da pochissimo, quindi, matematico che non sono stato io).
Qualcuno glieli aveva venduti senza spiegarle che non c'era diritto di reso, mentre per i miei sì...
Insomma, impiego una buona mezz'ora per farla calmare e farla passare da: "Ci metterei una mano sul fuoco che sei stato tu, ricordo PERFETTAMENTE le parole che mi hai detto. Mi hai detto 'poi TU li puoi rendere..." al "vabbè, non sei stato tu! Ti credo!!!"



Per farlo, le ho dovuto ripetere che era impossibile le due ragioni, non da poco: l'azienda dei suoi calendari non è tra le mie rappresentate e quella che ha prodotti simili, è nelle mie "disponibilità" da troppo poco tempo".


Ad un certo punto, ragionando da sola fà "No, ma poi tu mi dai del 'lei'... Allora non sei stato tu..."


Ecco! Era mezz'ora che ci provavo a spiegarglielo! :)


Insomma... Proseguo la tentata vendita...


Apro il gigamegasupercatalogo di biglietti augurali: le si illumina il viso! "quanto sono belli, e come li ho venduti bene... Li ho finiti quasi tutti..."


Ora a queste parole, un cliente con sale in zucca, ripete un ordine. Magari meno consistente del primo per non saturare la clientela, ma squadra vincente non si cambia.


Invece mi chiude il catalogo di scatto e mi fà: torna quando ci sono novità, io le cose che ho venduto bene, non le ricompro mai! Sono fatta così.


Nel frattempo nel negozio era entrata una sua amica, una specie di maschione tra il santone e la mistica... E ribadisce "Sì, lei è fatta così!"


Ultima chance: la supernuova azienda che fà zaini, zainetti, borse per la scolastica ed il tempo libero. Davvero bei prodotti, prezzi bassi, personaggi pubblicizzati da Sky e desiderati da bambini e teen-ager e quantità di acquisto libera... E' impossibile che mi dirà di no.


Faccio a tempo a mostrarle la postina che ho adottato personalmente come borsa da lavoro e lei, ricambiando nuovamente espressione mi fà:
"non aprire proprio il catalogo, non perdere altro tempo! Non mi piace! E' una mia sensazione - mi fà mettendo il palmo della mano in avanti e guardando in terra, come se avesse avuto una visione catastrofica - e io seguo SOLO le mie sensazioni, e... Non sbaglio MAI!


La lesbo-mistica ribadisce: "Francè, è fatta così! Non te la prendere! Oggi è grigio fuori e dentro..." e ammicca.


La ringrazio, riposo le mie cose nei trolley-camper e auguro loro una buona giornata nonostante il buco nell'acqua, e me ne vado sghignazzando tra me e me... 

"E' fatta così... E' fatta na chiavica!!!" :)

Vendere non è come un orgasmo...

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Per me non lo è di certo, anche se per i "venditori nati" la vendita è anche di più: sedurre e concupire il cliente, il massimo piacere... Portarlo dove si vuole e fargli fare cose che non avrebbe mai immaginato da solo... Però anche senza arrivare a questi fanatismi, la vendita può essere davvero un bel sostituto del Prozac.


Sì, in fondo dopo aver fatto nell'ordine:
- l'obiettore/impiegato comunale;

- il visurista ipocatastale (non ho mai capito pero cosa significasse quell' "ipo");
- il pubblicitario tuttofare; 
- l'analista programmatore di linguaggi arcaici (copiavo ed incollavo stringhe di Cobol e Pl2, trasformando le lire in euro);
- lo stagista in una banca;

- il promotore finanziario;
- l'assistente del Manager di una SIM;
- l'agente di commercio;
- lo schiavo in un Caf (per un mese, ma m'è bastato)...


Anche se ho ancora un pò le idee confuse, almeno ho capito che l'atmosfera da ufficio, mi soffoca, mi da la pellagra, le convulsioni, la costipazione, l'orticaria, l'asfissia...
Quei "che stai facendo?" sbattuti in faccia dal "capo" che sottintende che per quanto ti possa sforzare, resti sempre un "mangiapane a ufo", uno che "pretende di essere pagato", non li reggo più.


Meglio la fame allora?
No di certo, ma se il destino mi ha portato nuovamente fuori da quelle quattro pareti lavorative, forse è il caso di interpretare questo segnale e darsi da fare dove solo il mio impegno (e la fortuna nella persona della crisi economica) fà la differenza.
In fondo quando vado in giro mi sento libero, quando riesco a vendere poi, mi sento finalmente appagato, almeno per un breve istante, mi sembra di aver realizzato qualcosa di concreto e di aver sconfitto, almeno per un altro giorno, la depressione.

Fine.

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Ed anche questa esperienza è terminata
Ho scoperto che "non so fare niente" e che non c'è nessuno che può perdere tempo per insegnarmi.
Ho scoperto che la mia dignità e la mia salute mentale, non valgono i 500 euri di quegli schiavisti, secondo qualcuno.


Bene, ne prendiamo atto ed andiamo avanti.

Un grande Caf... Praticamente un "Cafone"???

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Capita che da un mese a questa parte, io "lavori" -mio malgrado - in un Centro di Assistenza Fiscale anche noto come "CAF".
Un grande CAF, che copre - a detta della titolare anche nota come "a Signora" - le esigenze di circa ventimila assistiti.

Ed a giudicare dalla quintalata di faldoni che negli ultimi 7 giorni ho riordinato alfabeticamente, direi che la stima non è proprio per eccesso.

Capitano poi, quotidianamente, dei siparietti che meriterebbero la "gloria" del post, ma purtroppo, non ho più la fortuna di lavorare ad un pc in modo stabile, nè tantomeno ho il tempo per trascrivere in tempo reale le "perle" che sento pronunciare. Qualcosa però, le "perle nere" restano nella mia memoria, ed eccole.

Oggi, nel mentre ero impegnato a rimettere insieme i quattro faldoni della lettera "S" e rispondevo in contemporanea a due telefoni dando il segnale di connessione al fax, una signora mi strattona e mi fà:

"Purfavò giuinò, me tirat' fore o document' e figliem a fasuebb?"
"HHH??? Waht???"
"O document e figl'm a int'a fasuebbb... Che ce vò? Jamm!"
"Ehm, no Ablo! No intiendo!!!"
"Marò, comm' se dice? A carta d'intità, ra rint' alla dint'..."
"Ehm, Signora, chieda ai colleghi, io mi occupo di altro..."
Ho detto perfidamente, mentre mi sono rivolto verso di loro "vedete un pò la signora cosa cerca?"

Per fortuna loro parlano l'aramaico antico ed hanno capito che la signora voleva che le si stampasse una copia del documento d'identità del figlio che, precedentemente, aveva mandato via mail... "Fasueb" nel suo vocabolario era "Fastweb" e cioè internet.

Poco dopo un signore anziano si rivolge alla titolare:
"Signò, io sò ghiuto o patronato (sempre di gestito da "A Signora" Nds) ma nun ce steva nisciuno... M'hanno ritt' ca aveva turnà... (mi hanno detto di venire in altro momento)"

"Ma comm??? Ma vuje che state ricenn???" Esclama inorridita ed imbufalita a Signora.
"Passat'm o' telefono che a chesta l'aggia licenzià... Ma vuje site sicuro??? Accussì va risposto???"

Ed il signore "Sì signò, così mi hanno risposto: A non ci stà, dovete tornare"
"Ma voi siete andati alla Via Tal, traversa dei Tali al pianterreno?"

"Sì Signò, vo stong' ricenn: so ghiuto o primo piano, ce steva na uagliona... Ma ritt' che nun ce steva A e che dovevo tornare..."

"Uggesù! Ma voi vi rendete conto di quello che dicete? Ma io l'aggia licenzià a chella! Però primma l'aggia fà na latrina!!! PASSAT'M O' TELEFONO!!!"

Per fortuna il suo cellulare non si trovava, come di prassi.

Insomma, dopo un quarto d'ora di questo teatrino "A Signora" riflette sul fatto che l'uomo insisteva sulla circostanza di aver salito un piano si scale, mentre il patronato è al pianterreno.

In pratica il signore era andato in chissà quale altro ufficio.

Ed una dipendente ha rischiato il posto per l'Alzheimer di due anziani, uno cliente, l'altro titolare di uno studio.

Sogni (sottotitolo: fussero e' peperoni?)

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Era notte e dovevo andare al lavoro. 
Il posto di lavoro era in una specie di discoteca dove però non si ballava ma c'era una specie di convegno.
In realtà la discoteca assomigliava molto alla facoltà di Economia e Commercio di Monte S. Angelo (quella dove mi sono laureato ndb) solo in versione by night.

C'era un pò di gente, ma non tantissima ed io mi dovevo dirigere in un'aula X, che al momento però, non ricordo.
Ad un certo punto, scoppia un incendio, che al momento non vedo, ma che mi viene comunicato da una voce - forse stò parlando al cellulare con qualcuno - che mi guida fuori.
Esco senza problemi e camminando, vedo palazzi in fiamme, fuggi fuggi di gente, pompieri al lavoro.
Ma sono uscito troppo facilmente, penso, forse non è vero.

Ed infatti, come per incanto sono di nuovo dentro. Perchè? Mi domando.
Ma stranamente non ne resto sorpreso più di tanto.
Intanto però l'incendio divampa e dal piano di sotto (nel frattempo sono risalito) vedo un denso fumo nero salire.

Mi dirigo verso le uscite di emergenza e non mi sorprendo neanche nel vederle sbarrate e chiuse con dei catenacci.
Mi arrampico come una scimmia sui cancelli: ma sono proprio una scimmia, perchè non indosso scarpe nè calzini e mi aiuto nella presa con i piedi sulle sbarre. Salgo con estrema agilità e in men che non si dica, sono di nuovo fuori, questa volta, definitivamente.


Parte 2: mio padre (che è scomparso ormai dieci anni fà) mi comunica che devo tornare in quinta liceo per completare gli studi.
Parlo con lui come se nulla fosse, visto che non dovrebbe più essere qui.
Ma io non vivo a casa con Vera, nè sono a casa di mia madre. Sono in un nonluogo.
Sono a scuola, anche se pure la scuola, non mi risulta familiare.
Trovo estrema difficoltà nel seguire le lezioni.
Ad un certo punto sbotto: e che cavolo! Io sono pure laureato, che ci stò a fare qui a scuola?
Una voce mi dice che devo studiare, per completare la maturità.


Ma come? - di nuovo rispondo seccato - ma se poi vado peggio, io ho preso 52, non era il massimo, ma non era neanche male! E poi ho anche la laurea...


Questa mia ribellione mi permette di non dover continuare il "corso di aggiornamento scolastico".


Questa del dover terminare gli studi, nonostante io li abbia in realtà terminati, tipo con una "revisione" od un esame che si scopre io non ho superato, è un sogno ricorrente, che fatico a comprendere.


Divertitevi con le interpretazioni! :)

I Lurkers

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Ciao Amico lurker!
Sì, dico a te... 
A te che entri nel mio blog senza neanche salutare...
Certo, mi fa piacere che tu mi abbia trovato per caso, magari cercando "Veline" o "bidone della spazzatura macroeconomia" o magari anche cose incomprensibili come "cite de spiac" (ma cosa vorrà dire poi? E come mai questa frase incomprensibile è finita nel mio blog? Forse è stata messa lì da qualche forza aliena?) oppure "da cosa si estrae la vaselina", chissà poi cosa ci dovrai fare con la vaselina? Meglio non chiederselo vah!

Ma torniamo a noi, caro lurker!

Dimmi un pò... Che senso ha leggere, magari assiduamente un blog, senza parteciparvi, senza lasciare un commento, una traccia del proprio passaggio?

E' come se uno si accostasse ad un gruppo di sconosciuti che chiacchierano, per mettersi ad origliare i loro discorsi: dico, se proprio ti trovi a condividere i nostri segreti, partecipa quantomeno, anche tu alla discussione, dai un segno tangibile della tua presenza: commenta!

Orsù allora, metti da parte la pigrizia, digita un commentino...

Che se no, la motivazione qui va a farsi benedire!

Lo dico per te eh? 
Che poi la prossima volta che farai la tua ricerca su gugòl o cliccherai per sbaglio su un link, chissà dove potresti finire!

Haiku umoristico lavorativo.

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Un uomo entrò in un caffè:
Splash!

Un uomo entrò in un CAF:
Splà!

Cose dell'altro mondo... Cioè, cose di Napoli!

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Un distinto commercialista era ieri nell'ufficio dove ho iniziato a lavorare, ormai dieci giorni orsono.
In un momento morto, poco prima della pausa pranzo, si è creato un piccolo capannello di colleghi: l'argomento - sollevato da un caso concreto capitato ad un cliente dello studio - erano i furti di identità e le truffe per false fatturazioni da lavoro dipendente mai prestato.

Il commercialista ci racconta il suo aneddoto:

"Un mio cliente si è trovato ad avere una pesante cartella esattoriale per prestazioni da lavoro dipendente mai dichiarate.
Siccome lui è un libero professionista, sicuro che negli ultimi anni non aveva mai prestato lavoro dipendente per chichessia, si è allarmato. Abbiamo indagato insieme ed abbiamo visto chi era il sostituto d'imposta (il "donatore di lavoro" Nds). Quando ho scoperto e gli ho rivelato che risultava aver lavorato per un intero anno presso l'albergo Pincopallo in zona malfamata dell'hinterland, lui è sbiancato."

Balbettando il cliente ha confessato al suo commercialista - figura professionale che ne sà e ne deve sapere più del confessore - che sì... In quell'albergaccio a ore... Effettivamente ci era stato per davvero... Ma non per lavoro... Piuttosto accompagnato da un' "amica"...

Lui, uomo sposato, incontrava la sua amante lì insomma.

Avendo avuto accesso ai suoi documenti, quelli dell'albergo avevano pensato bene di rubargli l'identità e fargli una falsa documentazione dalla quale risultava essere stato loro dipendente... Evidentemente per giustificare altri lavoratori a nero o costi fittizi da imputare a bilancio.

Il "problema" più grave - come ci ha poi illustrato il commercialista - è che costui si trova tra l'incudine ed il martello e non può fare neanche causa ai truffatori nè denunciarli perchè:

1) perchè gli "imbroglioni" donatori di lavoro, sono "personcini" poco raccomandabili... Diciamo che possono rispondere alle carte bollate con bolli di "piombo"...

E seconda, ma non meno importante circostanza:

2) Il fedifrago-fedigrafato non può di certo andare in tribunale a denunciare il fatto di avere avuto un'amante e di essersela spupazzata allegramente in un albergaccio, senza che poi la moglie non gli faccia - a sua volta e giustamente - il chiulo allegramente come una capanna, in un tribunale civile...

E quindi il consiglio del professionista, che in quel caso lì vestiva più l'abito dell'amico e del confessore che del professionista-uomo di legge, è stato:

"Frato mì, pava, e a prossima vota, statt'accort cu chi vaje e arò vaje!"

Quindi, miei cari tre lettori, traiamo da questo aneddoto una lezione di vita:

la prossima volta che doveste pensare di tradire il vostro partner...

...O scegliete la camporella od almeno un albergone a 5 stelle di cui ci si possa fidare... Ma di sicuro l'astinenza, crea meno problemi! ;)

Ricordi...

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Ricordi?

Ricordi quando dicevi che le ragazze non servivano a niente?

Quando dicevi che non avresti mai usato un computer?

Quando dicevi che non ti saresti mai tagliato i capelli?

Ricordi quando dicevi che una stesciòn uegòn non faceva per te?

Ah, allora ti ricordi?
I che fine 'emmerd', frato mì!!!!

Il "gavettone".

Pubblicato da Bukaniere

Quest'anno ad ottobre il mio "pezzo di carta" festeggia le 11 primavere (che poi in realtà sarebbero autunni, visto che l'ho conseguito il 21 di ottobre del 1998). Sapevo già allora che la mia vita futura non sarebbe stata facile, che avrei dovuto affrontare una lunga "gavetta", ma neanche nelle mie più pessimistiche aspettative potevo immaginare che quella "gavetta" sarebbe stata un eterno, perpetuo "gavettone". Gavettone, non solo come accrescitivo ma proprio inteso come "doccia fredda ed inaspettata", quella di dover ricominciare sempre da capo. Il mio primo approccio col lavoro iniziò nel 1997 quando lo Stato decise che il mio anno di "naja" come "obiettore di coscienza", si sarebbe dovuto svolgere in un piccolo comune toscano a circa 500km da casa (senza tener conto che essendo laureando, avrei avuto il diritto di restare vicino casa per poter continuare a studiare). Comunque, andò che la prima domanda che mi fu posta dalla mia responsabile il primo giorno fu: "sai usare un PC?" E la mia risposta affermativa mi spalancò le porte del lavoro impiegatizio. A differenza dei miei compagni infatti, fui esonerato dai lavori "fisici" (accompagnare, accudire e assistere gli anziani o gli handicappati dei rispettivi centri) e destinato a quelli "di concetto" che consistevano nel: fotocopiare, scrivere lettere al computer, ordinare gli archivi. E per un anno più o meno, ho fotocopiato, scritto lettere, riordinato archivi. E poi, durante il mese di agosto, e visto che ero molto bravo e volenteroso, pensarono bene di affidarmi proprio l'ufficio protocollo del Comune (quello che smista la corrispondenza per intenderci) lasciato sguarnito da un impiegato infortunato, in dispregio di ogni legge e diritto. Lì diciamo, ho imparato a "lavorare" e come esperienza fu molto formativa: stando a contatto col pubblico, conobbi tutte le persone che "contavano" in quel comune e diventai "popolare" al punto che per strada non erano poche le macchine che "suonavano" non per chiedermi strada, ma come cenno di saluto. Essendo un napoletano che si dava molto da fare sul lavoro, ero per loro qualcosa di "strano" ed esotico, per cui riscuotevo parecchie simpatie. Finita la leva, terminai gli studi e mi dedicai alla ricerca del lavoro dei miei sogni: la pubblicità... Pensai - sbagliando - che un pò di esperienza nella mia città mi avrebbe aperto poi le porte del mondo del lavoro ovunque. La scelta di restare però fu poi obbligata dal fatto che mio padre si era ormai ammalato e la cosa fu scoperta solo quando lui era allo stadio terminale di quell'orribile malattia, ma questo sul curriculum non viene scritto. Trovai lavoro in una piccola agenzia pubblituttofare messa su da un mio coetaneo un pò più ignorante (aveva un diploma d'arte e della pubblicità aveva un'idea un pò raffazzonata e confusa ma grazie ai soldi ed ai contatti di famiglia, riusciva comunque a "camparci") ma molto capace in senso "imprenditoriale": aveva ben capito che le proprie "deficienze" potevano essere coperte abbondantemente dall'altrui sapere e capacità, salvo poi non restituire il corrispettivo dovuto, altro che con promesse da marinaio. In quell'agenzia - secondo lui - ero il "Direttore Marketing"... Titolo che serviva a blandirmi e farmi mandare giù i bocconi amari quando dovevo fare dieci ore al giorno, che comprendevano le mansioni più disparate: dal solito rispondere al telefono, alle solite fotocopie, alla gestione dei fornitori (ovvero trovare scuse perchè il "capo" era sempre restio a pagare!) incazzati... Ma poi ero anche grafico, facevo pianificazione marketing, copywriting e non ultimo, ero un decente illustratore. Insomma, io ed il mio collega bravissimo nel fare i siti internet, reggevamo l'agenzia al punto di riuscire a far interessare al nostro lavoro un paio di agenzie del nord. Quei contatti che lasciai allo sfruttatore come eredità, gli sono valsi l'attuale successo al punto che qualche anno più tardi, lessi il suo nome in un inserto del Sole24Ore che annunciava il suo ingresso nel "gotha" dell'imprenditoria napoletana. Dopo di me, ovviamente, ci furono altri promettenti ed inesperti ragazzi che vendettero il proprio lavoro per nulla... Sì, proprio nulla: pensate che all'epoca mi dava 400mila lire (poco meno dei 200 euro di oggi) al mese... Con pause di tre o quattro mesi... E di certo quell'esperienza non faceva "curriculum". Decisi di lasciare il giorno in cui, dopo aver ricevuto l'incarico di tagliare una tonnellata di cartoncini, il capo osò pure cazziarmi perchè il lavoro non era di suo "gradimento". Avevo imparato sulla mia pelle cos'era il mobbing: avevo creduto di aver lasciato io il lavoro, ma in realtà fui cacciato via perchè ormai ero solo un peso e perchè le promesse ricevute non potevano essere mantenute. Vennero poi giorni difficili per me nei quali non trovavo nulla... Provai ad andare a Milano passato un anno dopo la morte di mio padre, ma ormai avevo trent'anni compiuti.

A Milano salii per l'opportunità offertami da Pino Pilla: il mitico Copy di "Silenzio, parla Agnesi"
e cofondatore della LM&A, aveva letto la mia bella (a suo dire) lettera di presentazione, nella quale descrivevo i Cv che mandavo alle agenzie come "alberi che rumorosamente cadono inascoltati nel silenzio di una foresta disabitata," e mi invitò alla Lorenzo Marini & Associati per un colloquio. Lì mi sentii come Alice nel paese delle meraviglie! Un'agenzia fantastica sita in un meraviglioso loft sui navigli, dove ogni dettaglio, persino il vassoio con i bicchieri, erano studiati da un architetto. La sala riunioni era spartana ma molto bella e luminosa, nonostante fosse l'ottobre di una Milano molto piovosa. Mi ricordava un castello dove nella sala, un antico tavolo medievale era affollato da cavalieri seduti ai lati ad ascoltare il Re a capotavola che impartiva le direttive per la guerra. Quel "Re" era Lorenzo Marini, uno dei pionieri della moderna pubblicità italiana e del quale avevo letto tutti i libri. Pilla mi invitò a sedere, guardò il mio book (che avevo preparato alla scuola di illustrazione che avevo fatto a Napoli) ma seppur bene impressionato dal mio entusiasmo mi disse che avrei dovuto ancora fare molta strada per affinare il mio "istinto" creativo, solo che a trent'anni era ormai un pò difficile... Mi diede un pò di indirizzi di suoi colleghi che forse mi avrebbero potuto prendere come stagista e mi congedò. Avevo pure un altro appuntamento, in un'altra grande agenzia milanese. Lì però trovai un uomo borioso (il direttore creativo), antipatico, che passò il tempo del colloquio non per dirmi cosa poteva andare bene di me e cosa non, ma a scoraggiarmi dicendomi sostanzialmente che alla mia età, potevo ormai andare bene come carne da "macello": mi sconsigliò di seguire i consigli di Pilla (evidentemente si era indispettito perchè aveva letto nei miei occhi e nei miei discorsi l'adorazione per quell'agenzia rivale) e di tornarmene o a casa, o di andare a Londra e New York per togliermi di dosso il provincialismo napoletano ed "assorbire" la vera "creatività" anglosassone. Ovviamente, viste le schifezze che passano nelle nostre tivù, direi che non tutti i creativi italiani avranno seguito questo percorso... Mah, forse io non ero abbastanza "eletto". La mia depressione - avevo vissuto 18 mesi con un padre ammalato e morente ed i successivi 12 con una madre disperata - mi fece propendere per l'ipotesi del fallimento e me ne tornai a casa con la morte nel cuore. Amici e parenti ovviamente mi martellavano: "sei laureato in economia e commercio, tu devi fare o il contabile o il venditore o lavorare in banca". "Mai" dissi io, "non sarò MAI nè un contabile, nè un venditore"... Ricominciai a stampare e spedire chili e chili di curriculum: ebbi risposta, anche grazie ad una mezza raccomandazione, da un'agenzia di software che cercava una figura non ben identificata a cavallo tra marketing, analisi e programmazione che era fornitrice di una nota, grande banca. Ma i colloqui che erano sembrati entusiasmanti (mi avevano scelto per una posizione nel marketing nella sede di Roma) non portarono a nulla. Per mesi fui rimbalzato al mese successivo, finchè non si aprì una "finestra" in una sede di una loro controllata a Napoli, però la posizione - a detta dello stesso selezionatore - era molto meno interessante per me. Accettai comunque: dovevo essere un analista-programmatore per convertire le procedure di una banca cliente nel progetto di "eurizzazione". I miei colleghi erano bravissimi con quei linguaggi arcaici (Pl2 e Cobol, molto simili al Basic che per fortuna avevo appreso all'età di 14 anni!) ma negati per la conversione delle formule in algoritmi. Io al contrario, invece non conoscevo bene le procedure sui vecchi terminali AS400 (per me fu una vera sopresa trovare delle macchine degli anni '80 con linguaggi degli anni '70, ancora operative nel 2001!). Il contratto era di tre mesi che scadevano a settembre del 2001 (avete presente l'11 settembre?), la paga "interessante" per gli standard dell'epoca... E poi l'ufficio era poco distante da casa, mezz'ora di autobus. Passai l'estate intera al lavoro, dopo un anno di disoccupazione nera. Solo che... La gavetta in quel caso si interruppe bruscamente. L'11 settembre coincise per l'ironia della sorte, con il giorno in cui ricevemmo la notizia che l'appalto con la banca era stato perso e che la nostra "task force" lì distaccata, si scioglieva. Ovviamente, io che non avevo contratto indeterminato - l'unico dei 4 - non potevo far altro che tornarmene a casa. Seguirono altri mesi di disperazione nera, di lettere stampate con i Cv ed email mandate a pioggia, ma con risposte pari allo zero. Allora... Tuti mi dicevano che io non trovavo lavoro per colpa mia: ero laureato in economia e perchè non facevo richiesta alle banche? E poi... Il master, mi mancava quel titolo, la laurea "semplice" non serviva a nulla senza specializzazione. Nella mia vita ho trovato parecchi, troppi "guru" della ricerca del lavoro, ma pochi mi hanno dato una mano concreta nel trovarlo. E così il giorno che da Stepstone mi arrivò una proposta un pò meno costosa delle altre per un master, presi la dura decisione e mi iscrissi al famigerato master in management bancario per il quale spesi quasi tutti i miei risparmi accumulati in quegli anni di sacrifici. Una volta finito lo stage a Bari, mandai curriculum a pioggia a tutte le banche, esclusa forse solo quella del seme, ma quelle poche che risposero, mi diedero cortesi rifiuti. Una addirittura si prese la briga di scrivermi un'astiosa lettera che mi intimava a non mandare più CV perchè loro selezionavano solo per pubblico concorso indetto tramite GU! La risposta più curiosa fu quella della banca europea di sviluppo che mi rispose dal Lussemburgo ed in francese che , al momento, non avevano selezioni del personale in vista. Era il 2003. L'unica a rispondermi positivamente, fu la banca-assicurazione di un noto gruppo veneto. Mi chiamarono per un colloquio di gruppo, cercavano promotori finanziari. Nel frattempo avevo iniziato a collaborare col mio cognato agente di commercio: avevo imparato con estrema difficoltà a "vendere", cosa che prima ritenevo impossibile per me. Ma tant'è... Nulla è impossibile se sei abbastanza "disperato". Solo che quella professione (e il mio fu un grosso, grossissimo errore di valutazione) mi stava stretta: mi sentivo di buttare via anni di studi per una cosa che avrei potuto fare col solo diploma, e così lasciai, perdendo un'occasione d'oro, perchè poi, quando sono tornato sui miei passi, l'azienda principale per cui lavoravo, non era più disponibile e con essa il 99% dei guadagni. Sognavo ancora nonostante le delusioni, di lavorare a Milano, sognavo di indossare almeno la giacca e la cravatta e sedere nel back-office di una banca, sognavo di avere uno stipendio, non altissimo, ma "decente". Quella del PF era un'altra di quelle professioni che aborrivo... Ma la "fame" di lavoro e le insistenze di mia madre e famiglia, mi costrinsero ad andare a quel colloquio. Ero scazzatissimo, sedevo di tre quarti intorno ad un tavolo rotondo, interessato più alla mia vicina di sedia che avevo conosciuto prima di entrare (la mia di allora ragazza mi aveva lasciato da poco più di un mese per l'ennesima ed ultima volta, perchè la "principessa" non poteva stare con un disoccupato, ed ero in cerca di "vendetta"), che a quello che mi dicevano i due manager. Toccò dopo la compilazione di un breve test, di fare una domanda a turno. Io che non sapevo proprio che chiedere, nè mi interessavo più di tanto, chiesi loro come sopravviveva un PF in un momento di crisi nera come era stato quello del 2001. Non so nè come, nè perchè, ma loro rimasero colpiti dalla mia domanda e mi riconvocarono per altri due colloqui, al terzo del quale fui ammesso a partecipare al loro "corso". Ah, la ragazza carina che avevo conosciuto, dopo un caffè e qualche telefonata, decise di tornare col suo ex, quindi a me non restò altro che il corso per diventare Promotore Finanziario. In realtà il corso era tenuto da una giovane ragazza che ci diede (eravamo stati scelti in due su dieci) un libro sul quale prepararsi. Dopo circa tre mesi di studio davvero intensivo, passai l'esame, inaspettatamente al primo colpo - la media dei colleghi era al meglio dei 5-6 tentativi - un esame davvero troppo difficile per quello che poi consentiva: dagli 800 candidati della prova scritta, fummo ammessi in meno di 30 circa dopo l'orale finale che comprendeva almeno 8 materie di quelle studiate all'università. Proprio il giorno dell'esame orale, venni "abbordato" da due talent-scout di una banca rivale. Avevo stranamente colpito anche la loro attenzione, forse perchè siccome me ne strafottevo quasi di tutto, ero andato rilassato e quindi avevo risposto brillantemente anche ai tranelli del famigerato professore di diritto commerciale, bestia nera di tutti i PF campani. Quelli della banca rivale, ottennero astutamente i miei dati e mi "corteggiarono" per più di un mese con un numero indicibile di mail e telefonate, nel frattempo che io aspettavo il mandato dall'altra banca. Cedetti alle lusinghe e firmai con loro, tradendo - da vero bastardo, ma sapevo che per far soldi in quel mondo si doveva esserlo - chi mi aveva formato. La gavetta anche lì fu dura: non avendo contatti con personalità che "contano", nè amicizie e parentele influenti, dovevo cercarmi i clienti telefonando le persone a casa. Una giornata di telefonate per me era più faticosa di una in miniera: non vi dico la quantità di insulti - giustificatissimi per carità - che ricevevo dalle povere persone prese nella loro vita privata, nei momenti meno adatti (chi stava subendo un infarto, chi aveva appena perso la madre e la stava vegliando, chi ce l'aveva con noi PF perchè un collega gli aveva fatto perdere tutti i risparmi, etc) e la percentuale di appuntamenti era meno del 3%... Figurarsi quella dei contratti firmati... ZERO TONDO, come il famoso conto della famosa banca. Dopo un anno e qualche mese, capii che quel lavoro non era per me. Ma ormai ero diventato troppo bravo come consulente, anche se con scarso successo concreto. Tutti i colleghi ormai chiedevano a me cosa consigliare ai clienti, perchè io - avendo molto tempo libero - ero quello sempre con l'occhio sui mercati. Ero bravo anche dal punto di vista amministrativo, tanto che anche se non venivo retribuito per quello, facevo anche un pò da segretario al mio capo. Quando ci fu l'avvicendamento di manager, quello uscente disse al nuovo: "se cerchi un assistente, lascia perdere le interinali, ci stà Francesco qua che è meglio di tutti, è un PF, è esperto di procedure, conosce i colleghi, prendi lui, ascolta il mio consiglio". Fu davvero uno dei pochi angeli conosciuti nel mondo del lavoro. Il nuovo capo invece era un vecchio stronzo all'antica, quello abituato a dettare le lettere ad una segretaria ed a disprezzare il lavoro di tutti e trattare i propri dipendenti come schiavi. Tuttavia era un pò intimorito dal fatto che io fossi competente e "titolato" e almeno si tratteneva un pò nei modi. I primi mesi furono duri: ero costantemente sotto esame, e le mansioni iniziali non erano proprio "esaltanti": telefono, fotocopie, archivio... Come sempre, come in tutti i lavori fatti fino ad allora, ma almeno, per stavolta avevo uno stipendio che mi sembrò più che decente: mille euro! Ma come nei peggiori incubi, cioè come durante tutta la mia carriera, le mansioni crebbero giorno per giorno per numero e responsabilità (arrivai a formare io i PF, a spiegare loro le procedure e la complicata compilazione dei moduli contrattuali e sino a fare io le interviste di lavoro per gli aspiranti) il mio stipendio decrebbe vertiginosamente. Il manager non aveva rispettato il bluff che aveva venduto alla banca come obiettivo e la banca, di tutta risposta, gli aveva tagliato emolumenti e contributi, compreso quello che lui girava a me come stipendio. Passati due anni, con lo stipendio meno che dimezzato, mi decisi a proporgli: stipendio part-time, lavoro part-time. Lui accettò con sollievo, perchè non sapeva come sbarazzarsi di me per tagliare la spesa, ma tuttavia gli facevo ancora comodo. Il giorno che entrò da noi un sessantaduenne ex agente assicurativo, mezzo rincoglionito, ma con una leggera conoscenza dei pc, trovò il modo per sostituirmi gratuitamente. Essì, perchè quel vecchietto mezzo rinco, che un giorno aveva diretto una ricca agenzia assicurativa, si scocciava di andare in pensione anche potendo, e preferiva fare lo schiavo al posto mio e gratis, piuttosto che starsene a casa! Davvero la dignità della gente, certe volte, stà sotto il livello dell'infimo. Era la metà di settembre ed il capo mi disse "Bukaniere, dal mese prossimo non posso più pagarti" e mi pagò le due settimane che avevo lavorato (5 euri compresi) senza un euro di più per liquidazione o semplice "ringraziamento" per il mio lavoro.

La mia unica soddisfazione fu che neanche un mese dopo, la banca chiese la sua testa e l'ufficio fu chiuso perchè improduttivo, certo non per colpa mia, ma perchè il suo bluff era ormai svelato del tutto.


L'unica soluzione a quel punto era pregare mio cognato di riprendermi con lui, ma ormai l'azienda per cui avevo lavorato, era presa da un altro collaboratore... C'erano rimaste solo le briciole, ma accettai lo stesso. Mi presentò dopo poco un altro suo collega e così, riuscimmo a mettere insieme tre o quattro aziende per le quali poter fare il subagente di commercio. Ma secondo voi... Quando ho iniziato quest'attività? Proprio quando è esplosa la crisi mondiale... L'anno scorso è stato disastroso dal punto di vista dei risultati.
Il caso però ha voluto che mia sorella quest'estate, poco prima delle vacanze, si recasse presso un CAF vicino casa di mia madre, lì sente che cercavano laureati in economia e mi candida... Vado al colloquio con una simpatica e napoletanissima imprenditrice napoletana, con tutti i pregi ed i difetti di una imprenditrice napoletana, ed accetto di iniziare un part-time... Per fare cosa, direte voi? Boh! Di tutto, di più: la sede è anche scuola di formazione per corsi di avviamento professionale, ma è anche e soprattutto un CAF... E quindi, potrei diventare un contabile! Quello che aborrivo di più da venti-trentenne, vendita e contabilità, sono ora i miei due lavori... E chissà come e se riuscirò a trarne qualcosa, finalmente, di concreto... Comunque, dal primo settembre, di nuovo, fotocopie, telefono, schedari da riordinare, sono il mio pane quotidiano... E chissà che un giorno non mi paghino persino per questo!

Così è se vi pare...

Pubblicato da Bukaniere

E' il 31 di agosto...
Ancora agosto quindi... Seppure l'ultimo giorno del mese.
Si dovrebbe avere ancora il piede sul bagnasciuga, l'odore del filtro solare e della salsedine nelle narici, un pò di sabbia appiccicata al telo da mare, il lettore Mp3 con l'ultimo tormento dell'estate...

E invece no, la mia mente vola già oltre e si proietta verso l'autunno e l'inverno.
Non che il caldo afoso che perdura imperterrito alla faccia dei mie pensieri volanti aiuti, ma la mia "coscienza" purtroppo, non riesce proprio a rilassarsi.

Nei prossimi giorni dovrò rimettere in moto la macchina lavorativa e nel caso le cose continuino a (non) andare come sono (non) andate negli ultimi mesi, sarò costretto a cambiarla o ad affiancarla ad un'altra. Anche perchè - vi confesso - al momento la mia motivazione lavorativa è proprio scarsina: se ripenso alla fatica dello scorso anno e alla quantità di imprevisti, grane, seccature ed ordini non andati a buon fine, mi prende lo sconforto.

Stamattina sono stato al centro per l'impiego e d'improvviso, rispondendo alle domande di un impiegato insolitamente gentile e solerte (insolitamente, per via dei soliti luoghi comuni e preconcetti che dipingono i dipendenti statali come degli arroganti fannulloni) mi sono reso conto di quanto tempo io abbia passato in questo "limbo" di precarietà e di incertezza ma lungi da me il cercare in questo momento, il pessimismo.

Domani è il primo di settembre e chissà...

Se c'è un piccolo, sperato cambiamento in vista, vi aggiornerò.

Estate(vene) a casa!!!

Pubblicato da Bukaniere

Quest'anno le vacanze sono state, come al solito, troppo brevi.
Qualche giorno nella bella Toscana e poi di ritorno a casa.
Il rientro non è mai facile: già l'idea di ritornare alla "normalità" non è mai facilmente digeribile dopo che si è assaggiata la libertà e la bellezza di certi paesaggi toscani.
Rientrare subito a ridosso di ferragosto poi, è come passare i "confini della realtà".
Napoli che d'estate è già una città - e lo dice uno che poi la ama - decisamente brutta ed invivibile, sotto ferragosto, sembra lo scenario dove è stato girato "1975, occhi bianchi sul pianeta terra".

Negozi totalemente chiusi, strade deserte. Che poi la maggior parte delle persone è ancora qui, pochi - almeno quest'anno - sono quelli che si son potuti permettere una vera vacanza, ma il caldo tiene tutti al mare (quando almeno c'era un "mare" dove andare) o chiusi in casa, i "privilegiati" con il condizionatore a palla, gli altri, al fresco di un ventilatore.

L'unico lato positivo della cosa, è che si trova facilmente parcheggio e che la strada che durante l'anno percorri in un'ora circa (due chilometri ma zeppi di traffico ingolfato), la fai in meno di un minuto.

Dall'altra parte però, c'è la totale assenza di servizi e la sensazione di abbandono alla mercè di quel lato triste e desolante della nostra "umanità" che normalmente si stempera nella folla.

Per "aiutare" la popolazione reduce dalle nonvacanze quest'anno, ci si è messa poi anche l'amministrazione delle aziende di trasporto che, a fronte di un 56% della popolazione presente in città, a ridosso delle settimane di ferragosto (per il resto del mese, la percentuale era ancora maggiore) ha quasi ridotto a zero i servizi di trasporto pubblico, per quanto riguarda numero di corse, frequenza delle stesse e servizi accessori, come la vendita dei biglietti.

E così l'altro giorno, alla disperata ricerca di un negozio aperto che mi vendesse un ventilatore nuovo, visto che il mio s'era deciso a rompersi proprio ora, dovendo prendere il metro collinare, mi sono imbattuto in una macchinetta emettitrice che mi ha letteralmente mangiato i soldi, senza darmi il biglietto, in un cortese impiegato che mi ha detto che nonostante tutto, potevo andare lo stesso e che, in caso di guai (leggasi un controllo dei suoi colleghi all'arrivo) bastava farlo chiamare e avrebbe garantito la mia buona fede e successivamente, alla stazione di arrivo, in questo cartello che parla da solo:

Estate...
E statevene a casa! Basta dirlo, no?



Lo Zen e l'arte della manutenzione della casa...

Pubblicato da Bukaniere

Omm.... Omm... Omm...
I che omm!!! (che uomo!)

Permettetemi l'autocelebrazione, ma oggi sono proprio soddisfatto di me!
Durante l'assenza della mia dolce metà, mi son trovato a conoscere, se mai me ne fossi dimenticato - e parafrasando il Sommo Poeta - "come sà di sale la singletudine"...

Quando si è in due, a parte la divisione dei compiti che ti dimezza la fatica nella gestione del quotidiano, è anche la gestione dello "straordinario", dell'imprevisto, ad essere più difficile. Ti manca chi ti aiuti a mantenere la calma, quando invece ti verrebbe voglia di sfasciare tutto e mandare il mondo in malore e chi ti aiuta a valutare diverse opzioni rispetto a quelle che ti vengono per prime in mente (quasi mai le migliori).

In questi giorni estivi dovevo fare tutte quelle cose che normalmente, per mancanza di tempo, avevo dovuto rimandare: il box doccia col silicone che ormai era inguardabile, quel mobiletto da sistemare, il miscelatore della cucina che accennava a non funzionare più bene...
In più oltre alla mia metà, è stata via anche mia sorella, il che si è tradotto in 3 gatti + 1 (delle volte anche +3) una tartaruga e 4 pesci da sfamare ed accudire (chiamatemi Noè), il tutto con una strada di casa (di un quartiere che non conosco ancora affatto bene) che per lavori è stata interrotta.

A questo aggiungiamoci una madre anziana cui dovevo far compagnia e dalla quale, ormai, abito non proprio vicinissimo... Insomma, potrei dire che questo periodo è stato uno dei più stancanti che ricordi.

Ieri poi, dopo un pranzo di famiglia e dopo aver riaccompagnato, madre, zia e nipote ai quattro angoli del mondo, sono tornato a casa ben stanco: apro il rubinetto del lavello in cucina e tac... La manopola mi resta in mano, evidenziando che l'interno era di plastica!
Mi è preso lo sconforto... Perchè ovviamente il rubinetto si è rotto lasciando aperta l'acqua. Prima che si allagasse il mondo, ho trovato la chiave d'arresto generale... Poi mi son ricordato che per fortuna i flessibili avevano a loro volta delle chiavette supplementari, in modo da non dover restare senz'acqua anche nel bagno.
Ho chiamato mia madre, chiedendole se secondo lei, potevo trovare un idraulico... E' il 3 di agosto e se normalmente di idraulici non se ne vede quasi l'ombra, figuriamoci adesso e/o figuriamoci quanto mi avrebbero chiesto per un intervento urgente ed estivo.
Ma poi mi son guardato l'impianto... Ed ho pensato di azzardare un intervento "fai-da-te".

E così stamattina - altri lavori per la strada, son dovuto uscire con la Metro - vai alla posta, torna, smonta il miscelatore (per fortuna ho capito come dovevo fare) porta il tutto al negozio di idraulica che stà a due fermate di metro (che stà a sua volta dopo una discreta stradina in pendenza) compra il nuovo miscelatore... Torna... E rimonta il tutto, cercando di capire come fare, e cercando di non creare danni...

E per fortuna in tutto questo, grazie ai lavori stradali, l'erogazione dell'acqua era stata interrotta. Normalmente questa sarebbe stata una circostanza negativa, ma invece, dovendo gestire un problema idrico, mi è stata d'aiuto, quantomeno per avere la certezza di non trovare la casa allagata al mio ritorno.

Adesso sono stanco ma soddisfatto... O almeno quasi, devo ancora siliconare il box doccia pulito in precedenza, stirare il bucato che in questi giorni si è accumulato prepotentemente, poi allestire la dotazione di sopravvivenza del micio, per i giorni in cui non ci starò (mia sorella ricambia il favore, ma a giorni alterni) ma almeno il miscelatore nuovo in cucina, mi rende fiero di me e del coraggio che ci vuole nella vita, per affrontare le nostre paure irrazionali, come quella che avevo sempre avuto fin'ora, per gli interventi di idraulica.